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  • Fernando Greco

FESTIVAL DELLA VALLE D'ITRIA: ROSSINI E DINTORNI

PIZZICHI D’AMORE

Il morso della tarantola infondeva tra i nostri antenati quell’“infinita voglia di amare” (secondo le parole dello stesso Aliverta), era quel dionisiaco “pizzicu d’amore” che implicava la perdita delle buone maniere a vantaggio di un approccio più carnale e più diretto alle relazioni umane. La società attuale, escludendo la tarantola e costringendola a nascondersi sotto le pietre, ha allontanato da sé l’ancestrale fuoco dell’imprevedibilità, privandosi della gioia di vivere più autentica.

Ma la tarantola ha ancora assi nella manica, può tornare a “scazzecare” le persone mettendo scompiglio nella loro vita, come succede nella trama del Barbiere, opportunamente attualizzata, in cui il tarantolato Figaro innesca la miccia delle pirotecniche vicende che tutti conosciamo. In scena c’è sempre lei, la tarantola, interpretata con irresistibile simpatia da Elio (quello delle Storie Tese), che tra i diversi momenti musicali recita l’apologia di sé stessa, mordendo di tanto in tanto i protagonisti e scatenando “quella smania, quel pizzicore” in cui tutti resteranno invischiati, compresa la cameriera Berta che alla fine si accoppierà con lo stesso Elio – tarantola. Peraltro nel secondo atto si scoprirà un importante antefatto (liberamente tratto da “Le nozze di Figaro”, seconda parte della Trilogia di Beaumarchais): Figaro è figlio inconsapevole dell’austero dottor Bartolo, essendo stato concepito in seguito al morso della tarantola per cui il giovane dottore aveva intrapreso un’avvincente passione amorosa, terminata bruscamente con lo smarrimento dell’amata tra i carri del Carnevale. Da allora Bartolo ha rinnegato per sempre il suo desiderio d’amore, uccide le tarantole e sparge triste grigiore nel paesino meridionale di cui frattanto è diventato sindaco, ignorando di essere padre di Figaro, un tarantolato congenito.

L’adattamento della partitura effettuato da Daniele Durante ha previsto, accanto all’orchestra sinfonica tradizionale, numerosi interventi dell’Ensemble strumentale de “La Notte della Taranta” di Melpignano, facendo spesso scoprire all’ascoltatore quanto l’immortale musica di Rossini si adattasse in maniera ottimale al ritmo del tamburello, a partire dalla Sinfonia iniziale. Molto suggestivo, ad esempio, l’inserimento della pizzica nel recitativo tra Figaro e Rosina che precedeva il duetto “Dunque io son”. La presenza di alcuni brani tratti dal Barbiere di Paisiello ha sottolineato ancor meglio l’elemento pre-tarantola rappresentato dalla staticità e il rigore in contrapposizione con l’invasato turbine rossiniano. L’orchestra sinfonica era quella della ICO-Magna Grecia diretta da Giuseppe Grazioli: durante la sera della prima, il 21 luglio, la microfonatura ha impietosamente amplificato fastidiosi scollamenti sonori presenti soprattutto tra gli archi. Ammirevole la freschezza del corpo di ballo de “La Notte della Taranta” con i solisti Laura Boccadamo, Carla Del Giudice, Fabrizio Nigro e Nicola Simonetti.

Molto omogeneo il cast vocale, in cui tutti hanno mostrato grande motivazione scenica nei confronti di questo inconsueto allestimento. In particolare si è fatta apprezzare la spigliata Rosina di Maria Aleida, soprano dal pregevole virtuosismo. Il Don Bartolo di Marco Filippo Romano ha sfoderato voce e vis scenica impagabili, come già nella “Margherita d’Anjou” dell’anno scorso. Delizioso aplomb scenico e bella voce baritonale per il Figaro di Daniele Terenzi. Il tenore David Ferri Turà ha vestito i panni di Almaviva in maniera impeccabile, senza però eseguire il rondò finale. La possente voce del basso Peter Kellner ha dato vita a un singolare Don Basilio visto dal regista come un effeminato mangiauomini. Irresistibile la Berta di Hannah Fraser, allieva dell’Accademia Celletti. Giustamente caricaturale l’attore Davide Gasparro nel ruolo di Ambrogio.

Tra le coloratissime scene di Benito Leonori e i costumi in stile Grease di Sara Marcucci e Francesco Bondì, si inserivano anche alcune grandi maschere realizzate dalla fondazione Carnevale di Putignano, che sembravano ricordare personaggi felliniani: Gelsomina e Zampanò de ”La Strada” e la prosperosa tabacchina di “Amarcord”.

Applausi sinceri e divertiti da parte di un pubblico abbondante nei confronti di questo spettacolo tutto pugliese che sarà replicato nel Fossato del Castello di Otranto il prossimo 3 agosto.


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